È di questi giorni la notizia del nuovo disegno di legge targato Boldrini, per contrastare l’odio in rete (il cosiddetto “hate speech online”).
L’odio, a differenza dell’amore, si sceglie. E di odio, purtroppo, il web ne è pieno, forse talmente tanto da averci fatto l’abitudine, e di scorgerlo ormai solo nelle sue manifestazioni più crude e dirette.
Non è affatto un bell’andazzo.
Così con questa ‘nuova’ proposta di legge si è deciso di avviare l’iter parlamentare per introdurre un provvedimento che in buona sostanza ha come obiettivo principale quello di rimuovere in tempi rapidi dal mondo web i contenuti lesivi della dignità della persona. Al fine di garantire la compliance da parte dei proprietari dei siti e delle piattaforme social, affinché gli stessi non indugino nella rimozione dei contenuti lesivi, si prevedono sanzioni molto severe. L’idea poi è quella di utilizzare il fondo costituito con le sanzioni per promuovere progetti educativi per i giovani su come comportarsi correttamente nel mondo web.
Lo dico subito: la proposta Boldrini non mi piace affatto. Più che per il merito, per lo spirito che lo accompagna.
È un disegno di legge, infatti, che guarda al mondo web con la logica passatista che pensa prima a punire e sanzionare anziché educare davvero. È paradossalmente figlio della logica avvitata su se stessa di chi odia gli odiatori… e in questo ‘risentimento’ latente non solo non ci vedo nulla di progressista, ma tanto meno nulla di educativo.
Nel discorso di presentazione del disegno di legge si è posto l’accento sulla responsabilizzazione, accendendo però il riflettore sul soggetto sbagliato, che è il titolare della piattaforma, laddove invece il riflettore della responsabilizzazione avrebbe dovuto (e dovrebbe) essere acceso nei confronti di chi si muove nel mondo web. È evidente che tutta la nostra tradizione giuridica, anche di stampo penalistico, non è bastata per capire che la sanzione non è mai sufficiente per cambiare idea…
Soprattutto non mi piace quando si punisce per fare ‘cassa’, laddove per innovare davvero basterebbe impegnare il denaro pubblico per la creazione immediata della identità digitale, che io invoco senza tregua, e che permetterebbe di individuare in maniera inequivoca il dileggiatore nel mondo web, in questo caso, sì, responsabilizzandolo, anche con una sanzione cucita su di lui.
Insomma il nostro legislatore non riesce ad emanciparsi dalla logica che abbiamo già conosciuto nel mondo dello sport, quando si “chiudevano gli stadi” perché incapaci di individuare i responsabili delle violenze…
Nell’era digitale, non si può più pensare di educare con la minaccia e la paura.
È il momento di avere fiducia del web, e di promuovere strumenti che infondano sicurezza, ecco perché questa proposta sa più di caccia alle streghe che di iniziativa capace di garantire un ambiente veramente protetto.
Occasione persa.